mercoledì 28 marzo 2012

L'uomo nero

Ci sono diversi buoni motivi per odiare l'Hellas Verona.
Il primo, e più forte, come ho già avuto modo di spiegare, è l'essere nato vicentino e biancorosso.
Negli ultimi anni, purtroppo, se n'è aggiunto un altro: la stupidità di una frangia della tifoseria gialloblu, ormai famigerata in tutta Italia per il suo becero, ignorante e incorreggibile razzismo.
Ecco, allora, che l'8 settembre 1996, guardando Novantesimo Minuto, ho avuto tante valide ragioni per godere.
Per prima cosa, il Verona aveva brillantemente esordito in quel campionato di serie A andando a perdere 4-1 a San Siro contro il Milan, oltretutto subendo due reti negli ultimi minuti dopo avere a lungo sperato di acciuffare un clamoroso pareggio - così, c'era ancora più gusto ad immaginare la delusione dei tifosi scaligeri sul treno del ritorno...
In secondo luogo, il gol del 3-1, che potete ammirare nel filmato qui sotto, è stato leggendario: un coast to coast entusiasmante di George Weah, partito dalla sua area con la palla al piede, più inarrestabile di un caterpillar. Credo che i difensori del Verona abbiano avuto gli incubi per qualche mese.
Per terza cosa - la ciliegina sulla torta - a compiere questa prodezza è stato proprio un uomo nero, alla faccia pallida e idiota di quei quattro sfigati con i drappi gialloblu che gli avevano ululato contro per tutta la partita.
Già, come i bambini: "Avete paura dell'uomo nero? Lo volete?".
Eccovi accontentati, coglioni!

giovedì 22 marzo 2012

Fantabaggio

Se non si fosse già capito, lo dichiaro pubblicamente: io amo Roberto Baggio. Ho iniziato ad amarlo per ispirazione paterna e "zierna", nel senso che mio papà e mio zio, che l'avevano visto giocare giovanissimo con il Lanerossi Vicenza, appena ho avuto la capacità di intendere e di volere mi hanno spiegato che lui era un vero fuoriclasse, il calciatore vicentino di nascita più talentuoso che si fosse mai visto sul prato del Menti.
Ho continuato ad amarlo perché ho avuto l'enorme fortuna di essere ragazzino negli anni in cui lui ha scritto meravigliose pagine di poesia calcistica.
E l'ho amato incondizionatamente fino ai suoi ultimi anni di carriera, al punto tale da svenarmi pur di acquistarlo al Fantacalcio, anche quando ormai era un po' acciaccato.
I miei avversari, durante quell'asta, mi hanno deriso con la superiorità di chi la sa lunga: "Tutti quei fantamiliardi buttati via per un vecchio? Bravo, per carità, ma giocherà sì e no dieci partite...E poi lo paghi come attaccante, ma segna come un centrocampista. Non ne vale la pena".
I tabellini dicono che negli ultimi quattro anni di carriera (dal 2000 al 2004), Baggio con la maglia del Brescia ha messo insieme 95 presenze e segnato 45 gol, mantenendo sempre la squadra lombarda in serie A e facendomi vincere il mio unico scudetto a Fantacalcio (2002/2003).
La cosa straordinaria era che, ogni domenica, avevo due ottimi motivi per esultare ad un gol del mio campione preferito: un'altra emozione da tifoso, e altri tre punti incamerati a Fantacalcio. Come quel primo aprile 2001, quando questo imprevedibile prestigiatore del pallone tirò fuori dal cilindro - al posto del solito coniglio - un pesce d'aprile guizzante e imprendibile per il malcapitato Van Der Saar. Uno dei suoi gol che mi hanno fatto godere - e fantagodere - di più.


domenica 11 marzo 2012

Antiverona

Ci sono annate in cui tutto va male. Ultimamente, a chi come me tifa Lanerossi, capita tristemente troppo spesso.
Eppure, anche nella stagione più buia e tribolata, anche quando andare al Menti diventa un supplizio come in questi tempi di vacche magre - anzi magrissime -, ci può essere un momento di puro godimento che vale quanto una vittoria: una sconfitta memorabile dell'Hellas Verona.
Inutile negarlo, De Coubertain se ne faccia una ragione: lo "spirito olimpico", "l'importante è partecipare", "vinca il migliore", rappresentano un'enorme montagna di cazzate se applicati alla fede calcistica.
I moralismi di facciata, la sportività pura e disinteressata, non hanno nulla a che fare con il tifo autentico e sanguigno di chi nasce con dei colori tatuati in fondo al cuore. Chi è biancorosso gode infinitamente per le disgrazie sportive di chi è gialloblu. Questa è la pura e semplice verità.
Non è un accontentarsi, una gioia in tono minore. E' proprio un'enorme soddisfazione, che alla fine dell'ennesimo campionato da dimenticare ti regala un momento fantastico e indimenticabile, rendendo più dolce ogni sofferenza appena vissuta.
Forse solo chi è senese e vede la contrada rivale superata ad un metro dal successo nel Palio può capire cosa intendo dire. Il tuo cavallo può anche essere arrivato ultimo, ma se quello dei "nemici" perde in maniera incredibile all'ultima curva, allora ne è valsa la pena.
Negli ultimi anni, fortunatamente, l'Hellas Verona mi ha regalato almeno due gioie immense.
La prima nel maggio 2007 quando i cugini gialloblu, per la prima volta dopo oltre sessant'anni, sono sprofondati in serie C. Avrò modo di celebrare quello splendido momento in uno dei prossimi post.
Ma visto che sabato prossimo si gioca il derby al Bentegodi, contro un Verona lanciatissimo verso la serie A che non vede l'ora di asfaltarci per cacciarci verso la Lega Pro, e tutti i segni del destino calcistico sembrano orientati verso questo esito nefasto, allora voglio ricordare il 9 maggio 2010.
Quel pomeriggio, oltre 25 mila tifosi veronesi accorsero al Bentegodi per dare l'ultima spinta ai gialloblu, che dopo un intero campionato di Lega Pro dominato in lungo e in largo, venivano da un finale un po' in calo che aveva clamorosamente messo a rischio la promozione in serie B: nell'ultima partita di campionato, il Verona doveva assolutamente vincere in casa il derby con il Portogruaro per non essere superato sul filo di lana dal Pescara, o dal Portogruaro stesso, e compromettere tutta la stagione.
L'esito pareva comunque scontato. Una squadra di blasone, una città e una provincia intera, uno stadio ribollente, tutti compatti contro una minuscola realtà di provincia spuntata dal nulla: Golia contro Davide.
Ancora una volta, però, l'ha spuntata Davide, che per l'occasione ha preso il nome di Riccardo: Riccardo Bocalon, ragazzino veneziano classe 1989, che al 43' del secondo tempo ha ammutolito e condannato allo sconforto i 25 mila del Bentegodi, regalando al Portogruaro la sua prima storica promozione in serie B.
I gialloblu finivano ai playoff, ma il destino del calcio aveva ormai già espresso il suo verdetto inappellabile, era chiaro a tutti: un campionato già vinto incredibilmente buttato nel cesso, un altro anno di purgatorio in Lega Pro.
Quella sera, mi sono guardato e riguardato tutti i telegiornali locali fregandomi le mani, gustandomi ogni secondo dei commenti sconfortati, increduli e sgomenti dei giornalisti e dei tifosi veronesi.
E allora, prima del derby di sabato prossimo dall'esito apparentemente scontato, proprio adesso che tutto in casa gialloblu sembra andare a gonfie vele, mentre monta l'attesa per celebrare il ritorno in pompa magna degli scaligeri in serie A e la nostra contemporanea retrocessione in Lega Pro, sono qui che aspetto di vedere come andrà a finire.
Perché non succede, ma se succede...
Grazie di esistere, Hellas Verona!